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Esplora Documenti. Caricato da Simone Tedesco. Informazioni sul documento fai clic per espandere le informazioni sul documento Titolo originale Relazione libro SETA. Condividi questo documento Condividi o incorpora il documento Opzioni di condivisione Condividi su Facebook, apre una nuova finestra Facebook. Hai trovato utile questo documento? Segnala questo documento. Segnala contenuti inappropriati. Scarica ora. Titoli correlati. Carosello precedente Carosello successivo. Salta alla pagina.

Cerca all'interno del documento. Interessi correlati romanzi Narrazione narrazione Intrattenimento generale. Cat Phillip Anderson. Laura Manolescu. Attilio Folliero. Davide Loddo. Teneva le labbra socchiuse, sembravano la preistoria di un sorriso. Non aveva nessuna ragione al mondo per farlo. Richiuse il foglio, lentamente. Parlo di quella donna. Lasciate perdere. Tornati nella capitale, sfoggiavano sul bavero della giacca da sera alcuni fiori blu, quelli che lei portava sempre tra le dita, come se fossero anelli.

Insieme decisero che sarebbe stato maschio. E che si sarebbe chiamato Philippe. Partecipavano con discrezione alla vita mondana della stazione balneare, divertendosi poi, chiusi nella loro stanza, a ridere dei tipi strani che avevano incontrato.

A concerto, una sera, conobbero un commerciante di pelli, polacco: diceva che era stato in Giappone. Agli inizi di settembre i bachicultori di Lavilledieu si riunirono per stabilire cosa fare. Dal Giappone arrivavano notizie di un'imminente guerra civile, fomentata dalle forze che si opponevano all'ingresso degli stranieri nel Paese.

Il consolato francese, da poco installato a Yokohama, mandava dispacci che sconsigliavano per il momento di intraprendere rapporti commerciali con l'isola, invitando ad aspettare tempi migliori.

Baldabiou stette ad ascoltare tutti, senza dire una parola. E aspettare. Preferiva spendere il suo tempo a ritoccare il progetto del parco che voleva costruire intorno alla sua casa.

Aveva un considerevole conto in banca, conduceva una vita tranquilla e custodiva la ragionevole illusione di diventare presto padre. In due giorni, a cavallo, giunsero in vista del villaggio. Lo portarono in una delle ultime case del villaggio, in alto, a ridosso del bosco. Cinque servitori lo aspettavano.

Nessuno sembrava vederlo, e nulla lui sembrava vedere. Era un filo d'oro che correva diritto nella trama di un tappeto tessuto da un folle. E davanti ad essa, una donna.

Sul palmo aveva un piccolo foglio, piegato in quattro. Lei lo vide e ogni angolo del suo volto sorrise. Il kimono scuro, i capelli, neri, perfettamente raccolti sulla nuca. Si mise a osservare la voliera, guardando una a una le porte spalancate. Arrivarono dei saltimbanchi e un uomo che strappava risate imitando uomini e animali.

Tre vecchie donne suonavano degli strumenti a corda, senza mai smettere di sorridere. Hara Kei stava seduto al posto d'onore, vestito di scuro, i piedi scalzi. In un vestito di seta, splendido, la donna con il volto da ragazzina gli sedeva accanto. Era una specie di triste danza, segreta e impotente. Lo stava guardando, con occhi perfettamente muti, lontani secoli.

Una ragazza orientale, giovane, vestita di un semplice kimono bianco. E lei. Aveva negli occhi una specie di febbrile allegria. Era una lanterna arancione. Scomparve nella notte, piccola luce in fuga. Nel buio, era un nulla amarla e non amare lei.

Prima che l'uomo se ne andasse gli fece capire che voleva vedere Hara Kei. L'uomo scosse la testa. La casa sembrava deserta. Le porte erano di nuovo chiuse. Dentro, centinaia di uccelli volavano al riparo dal cielo. Nascoste tra le foglie, si riconoscevano le mille macchie scure di uno stormo d'uccelli fermo a riposare.

Scura nel cielo, senz'altra meta che il proprio smarrimento. Fece fermare la carrozza, e per alcuni minuti rimase seduto, immobile, dietro alle tendine tirate. Baldabiou gli chiese se aveva visto la guerra.

Tutti pensarono che avesse in mente di farne il suo nuovo laboratorio. Ci andava, di tanto in tanto, e rimaneva, solo, in quelle stanze, nessuno sapeva a fare cosa. Erano passati anni, ma c'erano ancora i quadri appesi alle pareti e le pentole sull'asciugatoio, di fianco al lavandino. Non era una cosa allegra, e Baldabiou, di suo, se ne sarebbe andato volentieri.

Baldabiou non era molto tagliato per i discorsi seri. Riempiva fogli e fogli di disegni strani, sembravano macchine. Si stabilirono in una piccola villa, in riva al mare. Aveva avuto l'accortezza, nondimeno, di farlo passare per un suo capriccio personale, regalando all'uomo che amava il piacere di perdonarglielo.

Era seduta dall'altra parte del tavolo, accanto a un seducente gentiluomo inglese che, curiosamente, sfoggiava sul risvolto del tight una coroncina di piccoli fiori blu. Facciamo tutti schifo. Siamo tutti meravigliosi, e facciamo tutti schifo. L'uomo veniva da Dresda. Trafficava in vitelli e capiva poco il francese. Baldabiou non fumava mai, al mattino. Mi ha fatto vedere. Non le sa curare, certo. E dice che probabilmente un trenta per cento di quelle che produciamo lo sono.

Gli inglesi danno le armi al governo, gli olandesi ai ribelli. Pare che siano d'accordo. Li fanno sfogare per bene e poi si prendono tutto e se lo dividono. Il consolato francese sta a guardare, quelli stanno sempre a guardare. Buoni solo a mandare dispacci che raccontano di massacri e di stranieri sgozzati come pecore. Fra un mese ripartono Gente seria, ti dico.

Ma forse ce la potremmo fare. Con le nostre uova, col lavoro di Pasteur, e poi quel che possiamo comprare dai due italiani E io non voglio perdere te. Poi fece una cosa che non aveva mai fatto. Baldabiou non se l'aspettava. Era come vedere vincere il monco, all'ultimo colpo, quattro sponde, una geometria impossibile. Con voce ferma, senza dolcezza.

Aveva poche carte, approssimative, e quel che gli rimaneva dei suoi ricordi. Non c'era anima viva. La fine del mondo. Anche un solo giorno di ritardo poteva significare la fine. Lo sapeva, eppure non riusciva ad andarsene.

Vestito di stracci, camminava lento, fissando lo straniero con la paura negli occhi. Rimasero a guardarsi, a pochi metri uno dall'altro. Un guanto. Prese il guanto e sorrise al ragazzino. Il ragazzino smise di tremare. Aveva gli occhi lucidi, ma rideva. Rigirava tra le mani quel guanto, come se fosse l'unica cosa rimastagli di un mondo sparito. Sapeva che era troppo tardi ormai. E che non aveva scelta. Poi fece una cosa strana.

Strinse i talloni contro il ventre dell'animale. Verso il bosco, dietro il ragazzino, oltre la fine del mondo.

Viaggiarono per giorni, verso nord, sulle montagne. Incontrarono due villaggi. La gente si nascondeva nelle case. Le donne scappavano via. Il ragazzino si divertiva come un matto a gridargli dietro cose incomprensibili. Soffiava in continuazione dentro un piccolo strumento di canna, da cui tirava fuori i versi di tutti gli uccelli del mondo.

Il quinto giorno arrivarono sulla cima di un colle. Un intero villaggio: in cammino. Dietro di lui oscillava una portantina chiusa ai quattro lati da stoffe dai colori sgargianti. Non fece un cenno di saluto. Non si sedette neppure. Scaglie d'oro. Voi avete bisogno di me. Io ho bisogno di voi. Dormivano tutti per terra, accanto ai fuochi. C'erano solo due tende. Dalle maglie delle gabbie pendevano minuscoli campanelli d'oro.

Suonavano, leggeri, nella brezza della notte. La gente saliva sui carri, silenziosa. Vide uomini armati e bambini che non piangevano. E vide un albero, sul bordo della strada. Non riusciva a staccare gli occhi da quel volto. Non alzate lo sguardo, vi prego. Senti quel suono allontanarsi, la canna del fucile staccarsi da lui e la voce di Hara Kei dire piano - Andatevene, francese.

Solamente silenzio, lungo la strada. Il corpo di un ragazzino, per terra. Un uomo inginocchiato. Fino alle ultime luci del giorno. Ci mise sei giorni ad arrivare. Picchiava un sole estivo sui campi di grano, e su tutto il mondo.

Seduto di fronte a lui c'era un commerciante russo: si era tolto le scarpe e si faceva aria con l'ultima pagina di un giornale scritto in tedesco. L'ultima notte di Raul Gardini Gianluca Barbera. Annientare Michel Houellebecq. Le impronte del signor Neanderthal Giuseppe Remuzzi. La Domestica Callie Rose. Nel modo in cui cade la neve Erin Doom. La stazione Jacopo De Michelis.

Dimagrire in pochi giorni Nicola Sorrentino. Romanzo di un naufragio Pablo Trincia.



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